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Open Source, Free Software e Hacker.  Quando le definizioni fanno ragionare

di Franco Noe'

linux day 2008

 

Partiamo dal presupposto che chiunque oggi dovrebbe avere un minimo di cultura informatica e tecnologica; aggiungiamoci che in questo campo tutto si puo' apprendere e niente e' precluso. Bene, cominciamo con il tentativo di definire tre espressioni che e' utile sapere, un vademecum informatico per il presente e per il futuro.

L’Open Source, se ne sente tanto parlare. Cos’e'? Come spiega il manifesto dell’organizzazione O.S.I (Open Source Initiative): “L’idea di base che sta dietro l’Open Source e' semplice: quando i programmatori possono leggere, ridistribuire e modificare il codice sorgente di un software, il software stesso evolve. La gente lo migliora, lo adatta e risolve i bug. E tutto cio' con una velocita' impensabile nei sistemi tradizionali di sviluppo del software. Nella Comunita' Open Source abbiamo imparato che questo sistema produce il software migliore rispetto al modella chiuso tradizionale, nel quale solo un ristretto numero di programmatori puo' accedere al codice sorgente e tutti gli altri devono utilizzare alla cieca un oscuro blocco di bit”. Chiaro? Se doveste incontrare qualche parola che non conoscete, e' normale: accedete a Internet, aprite Google, digitate il termine ostico e cercate, non mancheranno le risposte e potreste trovare cose molto interessanti.

E il Free Software? La traduzione corretta in italiano e' software libero, “libero come nell’espressione liberta' di parola e non come birra gratis”, ricorda Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation. Ma quali sono i suoi principi? Il software libero garantisce a ogni utente una serie di diritti: eseguire un programma per ogni scopo; studiare funzioni, principi e modalita' di sviluppo attraverso l’accesso al codice sorgente; modificarlo in base alle proprie esigenze; ridistribuirne copie, gratuitamente o a pagamento, in versione originale o modificata. In questo modo, la comunita' intera beneficia dei miglioramenti. Questi principi supportati da un’adeguata licenza ad hoc (GNU General Public License) hanno generato grande sviluppo e innovazione: si pensi al sistema operativo GNU/Linux, a GIMP, a OpenOffice… 

Resta la figura, a tratti mitica, dell’Hacker. Di favole e film se ne sono fatti a migliaia; di luoghi comuni e' pieno il mondo, ma pochi sanno dire chi e' un vero Hacker. In principio (anni ’60) i primi Hacker erano individui legati da una passione comune per il cibo cinese, la fantascienza, la liberta' d’informazione e i computer. L’appellativo “Hacker” indica l’appartenenza alla prima generazione di programmatori, appassionati di matematica, logica ed elettronica, dotati di una curiosita' inarrestabile e con tanta voglia di capire e trovare soluzioni nuove ed originali. In gergo “a good hack” e' una soluzione brillante ad un problema informatico o di natura pratica; il verbo “to hack” significa letteralmente “fare a pezzi”, “smontare” e il lavoro dei primi Hacker e' simile a quello di quei bambini che smontano le cose per vedere come sono fatte dentro e capire come funzionano. Un “buon hack” per essere tale deve essere libero. Si capisce percio' come l’Hacker si collega al Free Software. 

Attenzione: l’Hacker non e' il “pirata informatico” tanto sbandierato, spesso per comodita' o semplice ignoranza, dai mass-media. Il criminale che danneggia sistemi e reti, sottrae e specula sui dati personali, crea virus e' un cracker (to crack in inglese significa “rompere”). Un cracker non ha niente a che fare con l’etica hacker ed e' un individuo infantile e immaturo che arreca sempre danni e persegue fini illegali. Se volete sapere di piu' su questi temi, non resta che approfondire cercando su Google e su Wikipedia, l’Enciclopedia Libera, oppure visitando www.opensourcemania.it ; www.fsfeurope.org ; creativecommons.it

 

 

Tux mascotte ufficiale del kernel Linux

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