Open Source,
Free Software e
Hacker.
Quando le definizioni fanno
ragionare
di Franco
Noe'
Partiamo dal
presupposto che chiunque oggi dovrebbe avere un minimo di
cultura informatica e tecnologica; aggiungiamoci che in
questo campo tutto si puo' apprendere e niente e'
precluso. Bene, cominciamo con il tentativo di definire
tre espressioni che e' utile sapere, un vademecum
informatico per il presente e per il
futuro.
L’Open Source, se ne sente tanto parlare. Cos’e'? Come
spiega il manifesto dell’organizzazione O.S.I (Open Source
Initiative): “L’idea di base che sta dietro l’Open Source e'
semplice: quando i programmatori possono leggere,
ridistribuire e modificare il codice sorgente di un
software, il software stesso evolve. La gente lo migliora,
lo adatta e risolve i bug. E tutto cio' con una velocita'
impensabile nei sistemi tradizionali di sviluppo del
software. Nella Comunita' Open Source abbiamo imparato che
questo sistema produce il software migliore rispetto al
modella chiuso tradizionale, nel quale solo un ristretto
numero di programmatori puo' accedere al codice sorgente e
tutti gli altri devono utilizzare alla cieca un oscuro
blocco di bit”. Chiaro? Se doveste incontrare qualche parola
che non conoscete, e' normale: accedete a Internet, aprite
Google, digitate il termine ostico e cercate, non
mancheranno le risposte e potreste trovare cose molto
interessanti.
E il
Free
Software? La
traduzione corretta in italiano e' software libero, “libero
come nell’espressione liberta' di parola e non come birra
gratis”, ricorda Richard Stallman, fondatore della Free
Software Foundation. Ma quali sono i suoi principi? Il
software libero garantisce a ogni utente una serie di
diritti: eseguire un programma per ogni scopo; studiare
funzioni, principi e modalita' di sviluppo attraverso
l’accesso al codice sorgente; modificarlo in base alle
proprie esigenze; ridistribuirne copie, gratuitamente o a
pagamento, in versione originale o modificata. In questo
modo, la comunita' intera beneficia dei miglioramenti.
Questi principi supportati da un’adeguata licenza ad hoc
(GNU General Public License) hanno generato grande sviluppo
e innovazione: si pensi al sistema operativo GNU/Linux, a
GIMP, a OpenOffice…
Resta la figura, a
tratti mitica, dell’Hacker. Di favole e film se ne sono fatti a
migliaia; di luoghi comuni e' pieno il mondo, ma pochi sanno
dire chi e' un vero Hacker. In principio (anni ’60) i primi
Hacker erano individui legati da una passione comune per il
cibo cinese, la fantascienza, la liberta' d’informazione e i
computer. L’appellativo “Hacker” indica l’appartenenza alla
prima generazione di programmatori, appassionati di
matematica, logica ed elettronica, dotati di una curiosita'
inarrestabile e con tanta voglia di capire e trovare
soluzioni nuove ed originali. In gergo “a good hack” e' una
soluzione brillante ad un problema informatico o di natura
pratica; il verbo “to hack” significa letteralmente “fare a
pezzi”, “smontare” e il lavoro dei primi Hacker e' simile a
quello di quei bambini che smontano le cose per vedere come
sono fatte dentro e capire come funzionano. Un “buon hack”
per essere tale deve essere libero. Si capisce percio' come
l’Hacker si collega al Free
Software.
Attenzione: l’Hacker
non e' il “pirata informatico” tanto sbandierato, spesso per
comodita' o semplice ignoranza, dai mass-media. Il criminale
che danneggia sistemi e reti, sottrae e specula sui dati
personali, crea virus e' un cracker (to crack in inglese significa
“rompere”). Un cracker non ha niente a che fare con l’etica
hacker ed e' un individuo infantile e immaturo che arreca
sempre danni e persegue fini illegali. Se volete sapere di
piu' su questi temi, non resta che approfondire cercando su
Google e su Wikipedia, l’Enciclopedia Libera, oppure
visitando www.opensourcemania.it ; www.fsfeurope.org
;
creativecommons.it
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