Il
click del mio mouse
di Annalisa
Petricone
Fonte:
Flickr
Il “click” del mio mouse, oggi,
si e' rivelato piu' amaro che mai, come d’altra parte accade da
quando, ogni giorno i nostri occhi leggono di un’altra vita, di
un’altra esistenza, di un’altra famiglia spezzata dalla
meschinita' altrui, dalla voglia di avere un po’ di piu'. Sto
parlando di tutte quelle persone che, quotidianamente, perdono
la vita sul posto di lavoro, dignitosamente e, forse, con la
speranza che la loro, di morte, serva ad evitare quella degli
altri, insegnando qualcosa. Un’illusione povera, che servira'
solo ad aggiungere una “firma” in piu' nell’albo della
disgrazia. Il mio “click” oggi e' servito a scoprire un nuovo
mondo, se così possiamo chiamarlo, un mondo creato in rete, un
mondo dove la memoria non potra' mai estinguersi, un mondo
chiamato www.cadutisullavoro.it. Qui non si dimentica, non e'
come una deteriorabile pagina di giornale, ne' tanto meno come
una fugace notizia sentita in radio o alla tv, qui si ricorda
sempre, purtroppo, qui si trova la lista completa di tutti i
caduti sul lavoro con nome, cognome, eta', professione,
provenienza e data del decesso. La home page di questo sito e'
tristemente inequivocabile, tristemente intuibile, così come la
scritta al lato che non si preoccupa di sottolinearci i 379
morti, i 9481 invalidi e i 379246 infortuni, che accadono
proprio sotto il nostro stesso cielo, qui, in Italia, un paese
ricco, un paese sviluppato, un paese che si basa sulle
fondamenta di una Costituzione che tutela la vita del cittadino
e il diritto alla sicurezza e al lavoro. Stiamo assistendo ad
un lento sterminio, uno sterminio che dura, ormai, da anni.
Sempre sul sito si legge “tra il 2003 e il 2005 1328 morti
l’anno poco meno di 4.5 morti al giorno, nel 2006 sono stati
1280 e nel 2007 sono stati oltre 1000” un bilancio che, secondo
le stime, non accenna a migliorare e che fa “gonfiare” sempre
di piu' quella gia' tristemente stracolma lista che, ormai, e'
piu' ingente di quella dei soldati morti in Iraq. Così,
continuo a girare in rete, ormai sopraffatta dalla voglia di
saperne sempre di piu', e trovo testimonianze, grida di dolore,
lacrime che non trovano speranza. Ascolto la testimonianza di
quella madre che dice che l’unico vero responsabile era il
datore di lavoro di suo figlio, quel figlio che ormai non c’e'
piu' perche' rimasto letteralmente schiacciato dal lavoro, da
quella che era la voglia avida di quel datore di dare, ed
avere, di piu', togliendo il sistema di sicurezza di quella
pressa, che piu' che dare ha tolto. Di sottofondo echeggia una
voce “l’Italia e' una Repubblica democratica fondata sul
lavoro” il lavoro che, ormai, pur di non essere perso, spinge
al rischio. Il mouse scorre, e con esso, anche i visi, i
sorrisi, gli occhi innocenti ( a volte da bambini) di tutte
quelle persone che non hanno denunciato, non hanno rischiato il
posto, ma che ora sono un nome, un misero ricordo nella mente
di chi per avergli tolto la vita sconta 8 mesi con la
condizionale... questo e' il prezzo della vita comprensivo
anche, purtroppo, di quell’imposta sul valore aggiunto chiamata
dignita'.
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